top of page

CUSTOMER BASED ANALYSIS PER L'ANALISI DEI COMPETITOR

Come si fa l’identificazione dei competitor customer-based? Cioè come si fa a far dire agli acquirenti chi sono nella loro percezione i competitors diretti?

Esistono 2 metodi diversi: • Behaviour based • Judgment evaluation based


Fondamentalmente per capire che cosa pensa l'acquirente ci sono due macro-tipologie di metodi. Quelli basati sulla osservazione, analisi e deduzione che dipendono dai comportamenti reali degli acquirenti, e altri metodi invece sono i famosi metodi di giudizio. Che cosa vuole dire? che in questo caso non facciamo riferimento ai comportamenti reali ma facciamo riferimento a delle valutazioni esplicitate dagli acquirenti. Quindi se io controllo com'è organizzata la spesa media mensile di un acquirente, per arrivare a decidere quali sono le principali marche di prodotto che compro nell'ambito dell'alimentare, mi baso su uno speso, quindi mi baso su un numero che è indicatore di un comportamento (perché la persona ha già comprato e ha gia speso) e sulla base di questo, arrivo a una serie di considerazioni.

Quindi una cosa sono i comportamenti, che poi possono essere rappresentati da spese medie, numeri di accessi medi, tassi di esclusività e di fedeltà rispetto a certe Marche. Quindi io devo rilevare l’output di un'azione che è già stata compiuta. Gli altri grandi gruppi di strumentazione, è legata invece al giudizio, ovvero vado da una acquirente e gli chiedo delle cose. Gli chiedo di esprimere un giudizio, di esprimere delle valutazioni e sulla base di quello che mi dice, arrivo ad una serie di considerazioni e conclusioni.

(nessuna è migliore dell’altra) ci sono dei vantaggi e degli svantaggi

  • i comportamenti sono oggettivi e quindi quando si ragiona su come la gente si è comportata, si ragiona su un dato fattuale. Dopodiché, rimane il dubbio che questi comportamenti si possano ripetere uguali a fronte di alcuni antecedenti, quindi non è detto che si possa, con la stessa precisione, prevedere sulla base dei comportamenti passati, i comportamenti futuri, se non consociamo gli antecedenti del comportamento.

  • Dall'altro lato, i giudizi e le valutazioni sono sicuramente dei driver comportamentale ma non lo sono sempre, quindi una persona che dice “penso che comprerò questa marca nei prossimi tre mesi” ragionevolmente lo farà, però ovviamente, poi, la valutazione, in fase di scelta, è condizionata da fattori contingenti e quindi non è detto che quelli intenzione iniziale si trasforma in comportamento effettivo.

Entrambe le soluzioni hanno dei limiti. Nel caso dei competitor, sia l'uno che l'altro contenitore: Behaviour e Judgment, sono contenitori finalizzati a trovare l'elenco dei competitors che devono essere considerati diretti.

Quali sono i metodi Judgment e Behaviour?


1. Basati sul comportamento (Behaviour based): vi sono tre metodologie differenti: · Brand switching · Elasticità incrociata · Brand tree (albero del brand)

2. Basati sul giudizio/valutazione (Judgment/evaluation based): per gli strumenti basati sul giudizio da parte dei consumatori vi sono: · Mappa delle similarità · Similarità a set dato · Eliminazione prodotto · Sostituzione in contesto d’uso


• Behaviour based: Quando facciamo analisi basata sui comportamenti, assumiamo come ipotesi forte che i comportamenti passati siano predittori di comportamenti futuri.

• Judgment evaluation based: dall’altro lato, ci sono i metodi Judgment evaluation based che si applicano tipicamente in contesti di test artificiale e, come tali, sono condizionati dal fatto di non rappresentare un frame di giudizio e scelta realistico. Quindi, possono esserci delle distorsioni cognitive (di frame, percettive o di altro tipo) e può essere che le risposte che otteniamo in test in ambiente artificiale siano risposte che non si riproducono inalterate quando ci si trova in ambiente reale e, soprattutto, i giudizi e le valutazioni sono emesse in ambienti neutri quando, in realtà, al momento dell’acquisto e del consumo prendiamo le nostre decisioni in ambienti altamente condizionanti.


Brand-switching: l’analisi brand-switching è un’analisi di scontrini e, fondamentalmente, misura la percentuale di persone che si ripetono in un acquisto o che variano l’acquisto di una marca nel corso del tempo.

Immaginiamo che a un tempo t, che supponiamo sia l’occasione di acquisto del 15 gennaio 2021, le marche che sono state scelte per una certa categoria di prodotti siano A, B, C, D, E. Immaginiamo poi che a un periodo successivo (la settimana o il mese successivi), t+1, il quale dipende dai modelli di acquisto prevalenti per quella categoria di prodotti e per quelle tipologie di marche, venga controllato che cosa accade sulle stesse marche. • Di tutti coloro che hanno comprato al tempo t, il 15 gennaio 2021, la marca A, il 60% si è ripetuto sulla marca A, il 20% ha shiftato sulla marca B, il restante 20% sulla marca C% e nessuno dei compranti A al tempo t ha comprato D e E al tempo t+1. • La marca B, comprata il 15 gennaio, è stata comprato per il 30% degli acquirenti al tempo t al tempo t+1, il 20% si è spostato sulla marca A, il 40% si è spostato sulla marca C, il 10% sulla marca D e nessuno sulla marca E. • Della marca C, il 50% ricompra C, ma il rimanente 50% si distribuisce per il 20% su A e per il 30% su B. • Della marca D, il 50% ricompra D e chi non ricompra D sceglie per il 10% B, per il 10% C e per il 30% E. • Della marca E, il 50% ricompra E e il rimanente fa shifting: si sposta per il 40% su D e per il 10% su A. Questi dati sono rappresentati in modo semplificato. Si basano su degli scontrini nominativi, ciò non vuol dire che conosciamo necessariamente i tratti del nostro acquirente, ma sappiamo che tutti gli scontrini che stiamo analizzando appartengono a un unico numero di codice.


Le analisi sono più complicate: per comprendere attraverso i comportamenti quale sia il set di competizione ritenuto più opportuno può essere che, attraverso l’analisi di data mining, emergano delle sostituibilità che non sarebbero immaginabili sul piano razionale. In altre parole, questo è un set molto semplice in cui abbiamo visto un set di marche preselezionate (A, B, C, D, E) e A, B, C, D, E riconfrontate, ma quello che accade è che si lavori su un numero di marche molto estese ed emergano, sulla base dell’analisi di questi meta-dati, dei comportamenti ricorrenti di sostituibilità di marche (che noi non riusciremo a mettere in categorie, neanche in form) che ci segnalano una funzione di fungibilità, sostituibilità tra marche che noi non avremmo potuto immaginare attraverso l’analisi della struttura vettoriale del nostro brand o del nostro prodotto.


Attraverso quest’analisi, riusciamo a rilevare due informazioni:


Abbiamo un’informazione abbastanza importante sulla forza di alcuni brand: ad esempio, A è il brand più forte di questo set perché le persone si ripetono su A per almeno il 60% delle occasioni d’acquisto, mentre ci sono brand con ripetizioni d’acquisto del 30% (B) o del 50% (C, D, E). B, sicuramente, è il prodotto che subisce di più la concorrenza dei competitors, mentre A è la più forte tra queste marche potenziali. • Attraverso gli interscambi che leggiamo, risulta abbastanza evidente che ci sono due subset di competizione: quello tra A, B, C, ovvero chi non compra A, fondamentalmente, va su B e C; chi non compra B, va prevalentemente, al 90% delle occasioni, tra A e C; chi non compra C va su A e B. Quindi, A,B e C è un subset che mette in evidenza degli alti livelli di sostituibilità. Lo stesso accade tra D ed E.


Attraverso il brand switching è possibile identificare quali sono i set di competitors che nella mente degli acquirenti e nelle loro occasioni comportamentali vengono considerate sostituibili o fungibili.

Questa è una metodologia molto dispendiosa sul piano dell’analisi e del calcolo, in quanto bisogna avere molti dati e bisogna fare monitoraggio sistematico, ma ci permette di profilare dei cluster di competitors in modo abbastanza preciso, fino a che esistono dei limiti di sostituibilità e fungibilità nella mente degli utenti. Quando, come accade alcune volte, lo switching si distribuisce su un numero elevatissimo di marche, ciò porta a rendere evidente il fatto che la competizione si svolge almeno a livello di categoria, se non a livello di budget competition. Ci porta quindi a definire a livello preciso a quale livello di confronto possiamo immaginare di rimanere con i nostri competitors e definire quali sono i nostri competitors più importanti.


Elasticità incrociata: la seconda modalità del metodo Behaviour based è l’elasticità incrociata.

L’elasticità incrociata della domanda stima come varia la quantità venduta di un brand al variare del prezzo di un altro brand. Qui l’ipotesi di partenza è che gli acquirenti siano price-sense, cioè subiscano le variazioni di prezzo in termini negativi, ovvero incrementi di prezzo di un brand possono indurre gli acquirenti ad allontanarsi da quel brand perché il prezzo non rappresenta più il valore percepito dagli acquirenti e quindi questi si spostano su brand considerati sostituti o fungibili.

Anche questo tema è di facile comprensione sul piano teorico, non scontato nei calcoli perché i distributori sono altamente influenti sulle micro-elasticità incrociate sui punti vendita. Questo perché i distributori, e in particolare i distributori al dettaglio, possono fare delle scelte di paniere importanti e, soprattutto per l’acquisto di beni banali, gli acquirenti preferiscono sostituire il brand preferito che non trovano sul punto vendita con un altro brand considerato second-best invece di perdere tempo in denaro per spostarsi verso altri distributori.

Le elasticità incrociate, quindi, misurate a livello generale sono medie di micro-elasticità incrociate che ampiamente dipendono dalle scelte strategiche operative di retail mix dei distributori. Questo tipicamente non accade nel caso delle vendite online, ma le elasticità incrociate in ambiente fisico-reale hanno questo limite abbastanza forte.

Quando il ΔQ di un brand è immediatamente correlato con il ΔP di un altro brand, è evidente che esiste un’elasticità incrociata che ci segnala che i brand o i prodotti vengono considerati fungibili e sostituibili e quindi tutti questi brand devono essere inclusi all’interno dello stesso set di competitors.


Albero decisionale: è il terzo metodo Behaviour-based. L’albero decisionale viene rappresentato come metodo Behaviour-based perché quello che fanno i ricercatori è confrontare i comportamenti di acquisto e creare, in funzione dei comportamenti d’acquisto passati, l’albero delle decisioni d’acquisto degli acquirenti. Quest’albero è un albero disegnato a tavolino, derivante però dall’analisi dei comportamenti passati.

Ad esempio, se pensiamo a tutti i brand di pasta quello che può emergere dall’analisi dei comportamenti degli acquirenti è che gli acquirenti prima di tutto confrontano o brand nazionali o brand artigianali/locali/regionali. Attraverso l’analisi degli acquisiti e dei comportamenti passati può emergere nell’albero decisionale un primo cluster: acquirenti che scelgono sempre o prevalentemente brand nazionali e acquirenti che scelgono sempre o prevalentemente brand artigianali/locali/regionali. Ciò indica che, se siamo un brand nazionale dobbiamo considerare nostri competitors diretti gli altri brand nazionali e non i brand artigianali/locali/regionali. Viceversa, se siamo brand artigianali/locali/regionali dobbiamo confrontarci con altri brand artigianali/locali/regionali.


Andiamo poi nel dettaglio dei brand nazionali e ci rendiamo conto che gli acquirenti si confrontano e sostituiscono, all’interno del brand nazionali, brand industriali con brand commerciali, ovvero ci sono acquirenti che scelgono tra brand di imprese manifatturiere (Barilla, DeCecco, Agnesi ecc...), altri invece che scelgono tra brand commerciali (pasta Coop, Conad ecc...). Se siamo un brand industriale sappiamo che ci rivolgiamo ad acquirenti che confrontano brand nazionali e, prevalentemente, di imprese manifatturiere.


Tra i brand industriali ci accorgiamo che il confronto è tra alcune caratteristiche prevalenti che possono essere punti di gamma del vettore attributi di prodotto, quindi i prodotti integrali si confrontano tra di loro e i prodotti bianchi si confrontano tra di loro.


I prodotti integrali si confrontano pasta cavo e pasta pieno e la stessa cosa può succedere per il bianco.


Leggendo questa mappa possiamo dire che, se siamo produttori di pasta integrale e bianca, dovremmo confrontarci con tutti i brand industriali che producono pasta integrale da un lato e tutti i brand industriali che producono pasta bianca dall’altro. Avremo quindi dei subset di competizione in funzione della struttura vettoriale del prodotto, ma non dovremo mai occuparci di termini di paragone sui prodotti artigianali o locali perché la gente, quando decide di comprare prodotti artigianali o locali, non confronta mai dei prodotti industriali con dei prodotti locali ma fa un confronto tra locali. Il confronto tra artigianali/locali potrà essere riferito ad aree regionali specifiche ed essere relativo a strutture vettoriali di prodotto specifiche.


L’albero delle decisioni ci permette di identificare i nostri competitors sulla base dei confronti più frequenti che gli acquirenti fanno nei loro processi d’acquisto. Quando, attraverso i comportamenti passati, ci accorgiamo che quando una persona compra pasta confronta, alterna e sostituisce solo brand nazionali, è evidente che i nostri competitors saranno gli altri brand nazionali e non dobbiamo interfacciarci con i brand artigianali, regionali e locali. L’albero delle decisioni ci aiuta ad avere una rappresentazione grafica delle similarità che sono nel percepito, nella testa delle persone. In altre parole, se è vero che, rispetto a tutti i brand di pasta, si confrontano i nazionali da un lato e i regionali dall’altro, significa che nella testa degli acquirenti esistono degli alti livelli di similarità tra i nazionali da un lato e degli alti livelli di similarità, sia di processo d’acquisto che di contesto di uso e consumo, nei regionali, locali e artigianali dall’altro e, quindi, la definizione dei set di competitors non potrà non tener conto del percepito di similarità nella testa degli acquirenti.


Questa separazione percettiva è chiara anche sul piano visivo: al supermercato, i brand nazionali di pasta sono messi a confronto su scaffali vicini e, invece, alla pasta artigianale, locale o regionale vengono dedicati altri spazi.


Questa separazione percettiva dipende in ampia misura dai contesti d’uso e consumo che si rappresentano gli acquirenti: la pasta artigianale, locale e regionale viene utilizzata in situazioni “d’occasione”, la pasta nazionale (i cui brand vengono considerati altamente sostituibili) viene associata invece a un uso non particolare, ma quotidiano. Barilla deve quindi prendere coscienza che i suoi competitors diretti sono competitors legati a situazioni normali e che la sua produzione a brand industriale nazionale non sarà in grado di confrontarsi con le eccezionalità d’uso e consumo alle quali, in alcuni contesti, riescono a rispondere meglio le paste regionali, artigianali o locali.

Già con i metodi comportamentali può avviarsi quel processo di definizione del livello competitivo che si ritiene opportuno. In altre parole, con l’analisi a brand switching su basi di dati molto consistenti, sono i dati che ci dicono quali sono i brand che vengono considerati similari, sostituibili. Magari emerge che la similarità e sostituibilità avviene per alcuni prodotti in form, per altri in categoria, per altri a livello di competizione generica e per altri a livelli di budget.

Lo stesso ragionamento vale per le elasticità incrociate: quando ci rendiamo conto che esistono delle elasticità tra brand che appartengono alla generic competition, risulta evidente che dobbiamo definire il set dei competitors prendendo a riferimento una competizione generica. La stessa cosa può accadere con l’albero delle decisioni: può emergere che la competizione è a livello categoriale, ma può anche accadere che nella rappresentazione mentale degli acquirenti sia a livello di form o addirittura a livello di generic.


Per quanto riguarda i metodi basati sul giudizio e sulle valutazioni, andiamo a lavorare su ambienti artificiali. Questo è un limite perché l’ambiente artificiale rappresenta a distanza quello che accade nell’ambiente reale, ma ci permette di avere delle informazioni che sono più puntuali, rispetto alle quali è possibile anche esplicitare il ragionamento che le produce (diversamente da quello che accade nei metodi Behaviour based, nei quali ci basiamo esclusivamente su un output).


Mappe delle similarità: è un metodo frequentemente utilizzato, soprattutto quando non è chiaro a che livello si vuole bloccare la definizione dei competitors diretti (form - categoria - generic - budget). Le mappe di similarità sono delle mappe percettive che si basano su un set di alternative di prodotto o brand, precedentemente individuati attraverso focus group o interviste individuali. Definito un set molto ampio di alternative, in un focus group successivo si chiede a degli utenti di giudicare delle similarità dei prodotti che fanno parte del set. Poiché questo metodo serve a comprendere a che livello fermarsi nella definizione dei concorrenti diretti, il set di alternative sul quale si ragiona è in genere un set molto esteso.

In questo caso, al focus group finale era stato chiesto di riflettere sui dessert in termini generici, quindi su un numero molto esteso di alternative. Una volta individuato questo set molto esteso, ai rispondenti viene chiesto di confrontare i prodotti (in genere il confronto avviene a due a due) per individuare i principali elementi di similarità tra coppie o gruppi di prodotti. Quando esiste una similarità ricorrente, questa viene rappresentata dal vettore. Il vettore ci dice quali sono gli elementi di similarità tra n opzioni. Gli elementi di similarità individuati in questa mappa sono:

  • È buono per un coffee break (good for a coffee break);

  • Lo uso durante il lavoro, lo studio o per la pausa pranzo (in my school/work/lunch); • È facile da portare con sé (easy to carry with me);

  • È uno snack tra due pasti principali (between meal snack);

  • Richiede refrigerazione (needs refrigeration);

  • È umido (moist);

  • È un dessert formale (as a formal dessert);

  • Richiede un lungo tempo per essere preparato (takes a long time to prepare).


Sono tratti di similarità che vengono identificati attraverso degli appaiamenti, dei confronti. Ci sono tutta una serie di prodotti che vengono avvicinati al vettore di similarità; quindi, rispetto a quel vettore di similarità, si possono considerare sostituti. Ad esempio, considero un dessert formale la frozen cake, la cheesecake, layer cake, homemade e così via; considero dessert lunghi da preparare la chocolate, la bundt cake ecc...; sono facili da portarsi appresso gli homemade cookies, i bakery cookies eccc... Ciò significa che abbiamo, alla fine della mappa di similarità, due informazioni importanti:


  1. Gli elementi di similarità che sono nel percepito degli acquirenti: gli acquirenti considerano simili, quindi alternativi, un determinato set di oggetti perché sono la soluzione per un dessert formale oppure considerano sostituti, quindi sostituibili e fungibili, altri oggetti perché sono adatti a un coffee break, altri ancora perché sono facili da portare e così via. In questi casi, è attraverso l’analisi delle mappe percettive che individuiamo le ragioni di similarità. Sono gli acquirenti a dirci perché li considerano simili.

  2. Tutti i punti rappresentati dalle alternative di prodotto o di brand che si aggregano in una determinata parte dello spazio hanno dei livelli di competitività diretta molto alti. Le agglomerazioni dei punti di prodotto indicano l’insieme dei competitors diretti che l’impresa deve considerare.

Come facciamo a disporre nello spazio le frecce dei vettori di similarità? I vettori di similarità partono tutti dal centro della matrice e prendono direzioni simili quanto più vengono considerati insieme nella rappresentazione, nel confronto tra coppie o gruppi di prodotto. Ad esempio, i vettori “as a formal dessert” e “takes a long time to prepare” sono stati messi vicini perché parte dei dessert formali sono anche dessert vicini al tratto di similarità che riguarda il lungo tempo che richiedono per la preparazione.


Questo è un esercizio molto sofisticato, che richiede tempo. Ciascuno degli interlocutori, sulla base della propria esperienza di acquisto, individua i vettori di similarità e sulla base di questi vengono posizionati tutti i prodotti/ brand che erano stati inclusi nel processo. Fondamentalmente è un focus che prevede un processo iterativo di posizionamento e riposizionamento fino a che non emerge una mappa con i punti di agglomerazione (e quindi con l’identificazione dei competitors diretti), che è ampiamente condivisa dalla maggior parte dei partecipanti.

Si tratta di un’analisi a contenuto: non ha dei tratti quantitativi. In alcuni casi, questi tratti quantitativi possono essere recuperati. Per recuperarli, si fanno delle analisi a punteggio sugli attributi dei prodotti e queste analisi a punteggio permettono poi, attraverso l’analisi discriminante o attraverso l’analisi cluster, di individuare i set di competitors diretti.


Eliminazione di prodotto/brand: è un metodo frequentemente usato. Consiste nel creare un contesto d’acquisto oppure di uso e consumo: si chiede a un gruppo qual è il prodotto, il brand che si ritiene più adatto, più funzionale o più di valore rispetto a quella situazione e poi si chiede di indicare un brand o un prodotto sostituito in caso di assenza del prodotto preferito indicato. Questo crea delle similarità per differenza: sappiamo che esiste un first best e sappiamo che esistono n second best. Questi n second best diventano nostri competitors diretti. Il processo può essere libero: si può chiedere un prodotto/brand per una specifica situazione di uso e consumo, si chiede poi di identificare un prodotto/brand alternativo nel caso in cui quello preferito non sia disponibile; in altri casi, si preferisce lavorare con subset di brand dati. In questo caso, esiste da parte dell’impresa una grande consapevolezza o una decisione di fondo già presa su quali sono i competitors diretti, ma si intende individuare dei sotto cluster più vicini tra di loro. Il set dei brand è quindi già definito. Vengono chieste agli acquirenti le ragioni per le quali sostituiscono il prodotto con un altro dato, qual è l’attributo per il quale la rinuncia è più elevata e quali sono gli elementi di verosomiglianza e similarità elevati.


- Identificazione di un uso/contesto o di una situazione d'acquisto

- Pre-definizione del set di brands target

- Valutazione delle alternative di brand in caso di eliminazione della prima scelta


Situazioni in contesto d’uso: partiamo dalla scelta di un brand o di un vettore prodotti definito e chiediamo a un gruppo di sperimentatori, in ambiente artificiale, di identificare tutte le situazioni di uso e consumo associate a quel brand. È un processo che usa una logica opposta rispetto ai precedenti, nei quali venivano dati la situazione d’uso, il set di brand e il set categoriale. In questo caso, si crea un set di usi e contesti di uso e consumo. Dopodiché, per ciascuno di questi usi e contesti si chiede di identificare altri brand che possono essere funzionali e adatti al contesto d’uso e consumo selezionato.


- Scelta di un brand

- Declinazione di tutti gli usi e i contesti d'uso

- Associazione di altri brand ad ogni uso/contesto

- Misura di appropriatezza (rate) dei brands all'uso/contesto

- Individuazione competitors vicini per ogni uso/contesto


Le preferenze di prodotto o di brand sono dipendono dal contesto, ovvero non esiste una preferenza standard per un prodotto o un brand, ma questa preferenza dipende dal contesto nel quale quel brand o quel prodotto si immagina utilizzato o fruito. Il tema delle preferenze contingenti costruite e ricostruite è di grandissima portata per chi si occupa di marketing. Immaginare contesti per i vari brand e immaginare, in ciascuno dei contesti, chi sono i competitors, significa che il set di competitors varia in funziona del contesto perché le preferenze variano in funzione del contesto. Scegliere questa metodologia significa anche individuare, in funzione dei differenti contesti d’uso e consumo, dei set di competitors differenti. Ci sono molte imprese che ragionano in set d’uso e consumo: tutte le comunicazioni pubblicitarie di snack che identificano lo snack per una certa parte della giornata con un certo gruppo di utenti target;


I brand devono quindi scegliere quali sono i contesti d’uso e consumo rispetto ai quali si rapportano e devono diventare consapevoli del fatto che, per ciascun set d’uso e consumo, esiste un set di competitors che non necessariamente coincide rispetto a un altro. Questo rende l’azione di marketing più complicata. Pochi sono i brand che si possono permettere di individuare i competitors a prescindere dall’utilizzo e dal contesto di consumo a cui il prodotto/brand sarà destinato.


La costruzione delle preferenze degli utenti è contingente, fortemente condizionata da tantissimi fattori e quindi non possiamo considerare il set dei competitors diretti immutato e stabile a prescindere dalle situazioni contingenti che condizionano il processo di scelta e quindi modificano, anche solo temporaneamente, una struttura di preferenze.


Ritornando al brand switching, a che livelli di pre-configurazione dei set di competitors possiamo arrivare con il brand switching? Ci fermiamo al form, oppure possiamo andare al categoric, al generic o al budget? Se noi scegliamo dei brand e ragioniamo a livelli di scontrini e di sostituibilità di scontrini, ci muoviamo all’interno di categorie pre-codificate, quindi ci fermiamo al livello di form e category. È difficile arrivare a stimare gli eventuali competitors generic o budget. Non arriviamo fino al budget perché prendiamo degli scontrini e, quando vediamo la sostituibilità che accade tra un brand e l’altro, siamo noi a pre-codificare i brand di categoria. Quello che può succedere è che si arrivi al budget se si fa di data mining, se ci affidiamo alle correlazioni emergenti da grandi moli di dati e un gran numero di shifting e scontrini. In genere, quando controlliamo questo, lo facciamo per essere puntuali nell’identificazione dei competitors che possono essere a livello di form o di category. Diventa difficile stabilire dagli scontrini che, per esempio, ho sostituito un pacco di pasta con un etto di prosciutto.


Quando analizziamo l’elasticità incrociata, c’è un condizionamento dettato dalle misure di elasticità incrociata che facciamo. L’elasticità incrociata, che ci vede un ΔQ di un brand rispetto a un ΔP di un altro brand, ci può permettere di estendere la riflessione fino al livello di competizione generica. La stessa cosa vale per il brand tree: siamo noi a scegliere un set categoriale per identificare dei subset delle agglomerazioni a più alta densità competitiva, mentre quando lavoriamo sul giudizio cerchiamo delle metodologie, degli strumenti che ci permettono di comprendere a quale soglia competitiva è bene fermarsi: ci permettono di identificare sia i competitors di form, sia i competitors di categoria, sia generici che di budget.


Gli strumenti Judgement evaluation sono tipicamente degli strumenti molto più esplorativi perché il processo di pre-codificazione della categoria di riferimento non esiste (vedi mappa delle similarità o situazioni d’uso e consumo). Ci danno quindi molti più gradi di libertà nell’identificazione della competizione, almeno fino al livello della competizione generica con la possibilità di identificare la competizione a livello budget nel caso delle similarità a set dato.


Quando lavoriamo su dei comportamenti, su dei dati storici, dati secondari, interveniamo sempre nello stabilire che cosa confrontiamo e abbiamo dei vincoli nella scelta del set di confronto.

Viceversa, attraverso la decostruzione del processo di valutazione degli utenti, possiamo giungere a individuare i competitors di form, di categoria, generici e, in alcuni casi, anche di budget.

Potremmo decidere comunque che, per come movimenteremo le leve di marketing, per le scelte strategiche che ci faremo, per gli obiettivi che ci daremo, ci fermeremo a una certa soglia, ma ci potremmo fermare a quella soglia consapevoli che gli elementi di fungibilità e similarità esistono oltre quella soglia, ma possono essere considerati non rilevanti o marginali rispetto alle nostre decisioni. I metodi Behaviuor based restituiscono delle informazioni più puntuali, più quantitative e quindi sono particolarmente adatti a imprese che vogliono monitorare, controllare se il set si sta espandendo o riducendo. Deve esistere quindi una decisione, ragionata e non arbitraria, sul livello competitivo che si è deciso di adottare.


RIPETIZIONE: immaginate che attraverso le mappe di similarità globali siano stati identificati rispetto alla data di business tre principali concorrenti diretti a livello di generic competition, siamo fortunati o sfortunati, ma la numerica comunque è complessivamente ridotta. allora cosa ce ne facciamo di questi tre nomi? Dobbiamo analizzare le caratteristiche dei concorrenti.

come facciamo? sceglieremo una serie di variabili che rappresenta sia l'unità di business sia i principali concorrenti diretti che abbiamo identificato e faremo delle valutazioni comparative (il modo in cui vengono effettuate queste valutazioni comparative è diretto) però fondamentalmente valuteremo il posizionamento dell'unità di business rispetto a ciascuno dei concorrenti diretti che abbiamo giudicato come cruciali sulla base di una serie di variabili, quanto meglio o peggio è il loro portafoglio prodotti rispetto al nostro, le loro strategie di posizionamento di marketing, quanto più estese o più costrette sono le strategie di diversificazione rispetto a quelle dell’unità di business, quanto maggiore o minore è l'equilibrio economico finanziario dei concorrenti rispetto all'unità di business... e questo ci permetterà di capire come è posizionata l'unità di business rispetto ai principali concorrenti diretti.

Quindi quello che potrei scoprire è che l'unità di business avrà rispetto ad alcuni concorrenti diretti dei punti di forza relativi o dei punti di debolezza relativi e questo ci permetterà oltre agli indicatori analitici per ciascuna delle variabili prese in considerazione, sarà possibile produrre degli indicatori sintetici di valutazione comparativa, e questi indicatori sintetici saranno indicatori che permetteranno il posizionamento in termini relativi rispetto ai principali concorrenti della SBU nelle matrici di attrattività e competitività. Quindi non è che il posizionamento sulle matrici in termini di competitività attrattività della domanda, è un posizionamento a sentimento; è un posizionamento basato ovviamente su delle opinioni ma basato su dei processi di valutazione comparativa.


Rappresentare il nostro posizionamento competitivo rispetto all' attrattività della domanda in matrice significa fare posizionamento strategico, è da questo posizionamento che poi deduciamo dei possibili percorsi di crescita o dei possibili percorsi strategici. Quindi sul piano logico che cosa succede? un'impresa usa dei metodi degli strumenti per identificare concorrenti dopodiché inizia la valutazione comparativa.


Se vuoi approfondire l'argomento


Comments


Ricevi le novità prima di tutti!

Grazie per l'iscrizione!

bottom of page